Si sono interessati alla sua pittura numerosi critici d’arte, ricordiamo:
Roberta Filippi, Guido Corrado, Virgilio Patarini, Massimo Pasqualone, Pietro Amato, Cecilia Trombadori, Tommaso Paloscia, Marcello Venturoli, Franco Solmi, Mariano Apa, Augusta Monferini, Lorenzo Mango, Luciano Marziano, Toni Bonavita, Elio Mercuri, Giuseppe Rosato, Gianmario Sgattoni, Farinacci, Giachini, Gilberto Cerioni, Umberto Russo, Aleardo Rubini, Antonio Gasbarrini, Elio Rucci, Vittorio Valeriani, Rino Cardone, Rino Panza, Maria Cristina Ricciardi, Franco Simongini, Gianni Gaspari, Roberto Franco, Francesco Giulio Farachi, Adelinda Allegretti, Alessio Brugnoli, Alberto Melarangelo, Luciano Caramel, Chiara Strozzieri, Leo Strozzieri, Luciano Lepri, Paolo Levi.
Stralci di Critica
Chiara Strozzieri – Presentazione della Mostra “Mondi Svelati” – Archivio di Stato, Sezione di Sulmona (AQ) – 4-14 giugno 2013.
Grazie all’incessante esercizio della pittura, portato avanti per oltre trent’anni, Alfredo Di Bacco non tradisce la propria linea di ricerca, carica di valori estetici formali e una predilezione totalizzante per il figurativo. All’origine c’è il lavoro fatto con il disegno a matita, che ha costituito per lui un vero e proprio esordio nella carriera artistica: privarsi dell’aiuto del colore è stata infatti una scelta dolorosa, quanto coraggiosa, che l’ha portato ad approfondire le potenzialità della composizione nel rispetto delle figure, dei volumi e, non da ultimo, della prospettiva. Questo primo momento formativo ha incontrato il gusto e gli ideali della Pittura Colta degli anni ’80, teorizzata dal critico Italo Mussa e messa in pratica da un gruppo di pittori, amanti del rigore estetico, che non disdegnavano contaminazioni surreali e metafisiche. (…) I quadri dell’autore abruzzese pullulano di personaggi intenti nel compiere atti diversi, ma tutti in qualche modo collegati fra loro. E anche se quella che prende forma è un’iconografia fuori dal tempo, aiutata da spazi per lo più aperti e di difficile collocazione, l’elemento più urgente è proprio il qui e ora, ovvero la concretezza dell’azione.
Questa è fatta di un forte simbolismo, che mette in discussione il ruolo dell’osservatore, offrendogli un ventaglio di mondi possibili, tra cui poter scegliere la propria interpretazione. Dunque c’è ancora una volta un superamento della Metafisica, nel passaggio tra enigma insolubile e allusione al concetto, laddove l’arte non è più vista come pura speculazione, ma come portatrice di grandi significati.
Certo Di Bacco non rende la vita facile al suo pubblico, le cui aspettative non sono mai disattese, né quando l’artista si serve dei toni promiscui del caravaggismo per rendere la scena il più oscura e ambigua possibile, né quando la rappresentazione sembra brillare sotto una luce nuova, come in tempi recenti. Tutto il lavoro fatto con l’ultimo ciclo pittorico si è basato proprio sullo svelamento del racconto attraverso un uso sapiente dei colori caldi e una luminosità di grande lirismo. L’attenzione per un gusto raffinato e uno stile sincero annovera Alfredo Di Bacco tra i cultori della classicità, come dimostra anche il frequente riferimento alla mitologia (la scelta di Paride, le tre Grazie, i Giganti). […] Ogni quadro non è che uno dei tasselli di un puzzle, che un giorno ci diranno chi è Alfredo Di Bacco.
Maria Cristina Ricciardi – Dal catalogo della Mostra “Alfredo Di Bacco e la forza salvifica della pittura” – Mediamuseum – Pescara 2013.
La pittura di Alfredo Di Bacco, trova la sua genesi artistica nel particolare clima postmodernista che si afferma in Italia tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, allorquando, all’interno delle estetiche concettuali, si manifestano i nuovi linguaggi di un deciso ritorno alla pittura e alla figurazione, in movimenti quali la Transavanguardia, La Pittura Colta, l’Ipermanierismo, l’Anacronismo, sostenuti rispettivamente dai critici Achille Bonito Oliva, Italo Mussa, Italo Tomassoni, Maurizio Calvesi. Non si può, dunque, considerare l’ esperienza pittorica di Di Bacco, senza partire dalla coscienza culturale della crisi della modernità, sancita dal postomoderno, che spinge gli artisti a cercare nuove vie per affrontare il dialogo con il proprio tempo, guardando indietro senza nostalgie e andando oltre, senza superarlo.
Dentro questo orizzonte, si configura la sua condizione di artista, lucidamente inserito in un processo storico, che se da una parte non rinuncia al mezzo pittorico né al valore dell’immagine, condivisi da una genetica culturale che appartiene alla nostra storia, dall’altra afferma, pienamente e liberamente, una dimensione visionaria che lo pone fuori dalla contemporaneità, in uno spazio e in un tempo inaccessibili, o meglio, accessibili soltanto attraverso la pittura che diviene, per eccellenza, il luogo della salvezza.La forza salvifica della pittura, che è quanto di meglio l’artista possa celebrare, è esaltata con rinnovata sacralità, laddove la nudità aspra e a volte persino sgradevole dei corpi, diviene fondamento e simbolo di una condizione umana, segno di autocoscienza, di colui che non vive uno spazio reale ma la sconvolgente dimensione di infinito e di immensità. Dal sentimento dell’assenza di confini, in una terra di nessuno, da questa introiettata immensità, prende forma e vita la condizione di silenzio, quiete carica di suggestione o terribile oblio, che Alfredo Di Bacco, con sapiente visionarietà, mette in scena, lasciandoci con le nostre domande, partecipi delle sue proiezioni.
Andrea Domenico Taricco – Dal catalogo della Mostra “Millenium – La Rinascita” – Museo Regionale di Scienze Naturali – Torino 2013.
Descrive la sopravvivenza di un ipotetico Adamo disteso e di una Eva pronta a ricominciare dalla propria verticalità, quale sintomo della nuova era. L’unità madre-padre costituisce il fondamento dell’esistenza organica in ogni dove. La diversificazione delle due entità era in origine caratterizzata dalla figura androgina, scomposta e diversificata in tutte le forme possibili.
Come non ricordare la tempesta giorgionesca che preconizzava un diluvio imminente, che in quest’opera invece descrive, ma nello scorcio di tempo che segue al disastro. La donna madre si desta ed è pronta, forse a soccorrere l’uomo figlio. Il cerchio si chiude e la vita rinascerà dalla loro unione.
Luciano Lepri – Da Effetto Arte settembre-ottobre 2012, Alfredo Di Bacco enigmatico fascino della pittura simbolica, EA Editore, Palermo.
Forti di una tecnica impeccabile e dalla grande capacità comunicativa questi lavori, così apparentemente leggibili e comprensibili hanno in sé l’enigmatico fascino della pittura simbolica con quelle allusività, quei segni che richiamano metafore di stampo classico e che denotano una sicura cultura che diviene così quasi inesauribile fonte di ispirazione.
Sicuramente affascinato dalle potenzialità e attitudini espressive della figura umana – specie quella femminile, oltre che dai messaggi nascosti del proprio intimo, l’autore segue un suo personale percorso emotivo, carico di suggestioni e di raffinati echi culturali, che trovano svolgimento e narrazione in quelle superfici monocrome dove le nudità dei corpi si traducono in misteriose suggestioni della natura e dell’essenza umana, mentre le loro posture, i loro atteggiamenti, gli oggetti che l’autore con curata attenzione inserisce, sembrano condurci verso le profondità della psiche e dell’anima.
Chiara Strozzieri – Da Abruzzo Impresa, aprile 2011 – L’oscura bellezza di Alfredo Di Bacco – La Pittura Colta di un abruzzese dalla tempra caravaggesca.
[…] Alfredo Di Bacco è la dimostrazione che ancora l’arte figurativa può interrogare con atmosfere tra il surreale e il metafisico, senza fare il verso ai grandi movimenti del passato. La legge che domina su tutto è quella della luce, rubata un po’ dai capolavori di Caravaggio e un po’ dalle piazze di De Chirico, in quanto strumento di guida all’interno della rappresentazione e anche potente mezzo di concretizzazione di un’atmosfera. Quelle dei dipinti di questo abilissimo autore abruzzese sono sempre cupe, suggestive, talvolta melanconiche, adatte comunque al racconto mitologico o fantastico, che viene costruito grazie a personaggi fuori dal tempo, eppure molto vicini alla nostra stessa sensibilità. […] Allora la bellezza formale prende diverse sfaccettature e incanta ogni volta che desidera mettersi in comunicazione con l’osservatore con quella voglia esibizionista di catturare costantemente l’attenzione.
La nudità degli attori del quadro sicuramente fa la sua parte, perché, indossata con una disinvoltura che ormai non ci appartiene più, facilmente ci riporta a un’altra epoca o addirittura ad un tempo mai esistito, che è esclusiva della mente del suo creatore. E poi c’è la donna, protagonista assoluta delle ossessioni del pittore, amata e descritta in ogni modo e ad ogni età, sempre con la stessa devozione, che la rende il simbolo superiore della bellezza assoluta. Questo non vuol dire che le sue fattezze debbano dipendere da canoni limitanti, che la vogliono fintamente proporzionata in ogni sua parte: ci si riferisce a una perfezione di concetto, che la considera come l’unico essere capace di generare la vita. […]
Paolo Levi – Dal libro catalogo “Monreale” Una raccolta d’arte contemporanea italiana, C.D.A. Editore 2010, Palermo
I lavori di Alfredo Di Bacco colpiscono per il realismo della rappresentazione in un contesto di surrealtà. Un corpo nudo di donna appare disteso in mezzo a una landa desolata, oppure un gruppo di operai lavora a un busto di pietra che emerge dal terreno come un reperto archeologico. Queste sono le immagini misteriose e inquietanti presentate qui dall’artista, dove prevalgono i cromatismi ombrosi di un tramonto che, più che evocare la notte, sembra presagire una catastrofe cosmica.
Nel delineare la sua narrazione visiva, l’artista rivela una cultura compositiva tutt’altro che scontata, poiché quanto più l’immagine è di fatto leggibile, tanto più rimane inafferabile a una lettura ragionata, dove il non detto emerge con le fattezze di un incubo, come quelli che a volte pervadono la mente prima del risveglio, e che di giorno si rivelano come la proiezione inconscia di una pena segreta.
Adelinda Allegretti – Dal catalogo Grand Tour, Castello di Grobnik, Čavle (HR) Croazia, 2010
Equilibrio è anche il termine che meglio di ogni altro accompagna la pittura di Alfredo Di Bacco, raffinato artista che con solido rigore formale fissa sulla tela uno scorcio di campagna in cui non si ha traccia di architetture, ma le figure vivono immerse nella Natura. Da Estate (2006-7) promana un senso di attesa e di straniamento, laddove le figure non solo non comunicano tra loro, ma quasi sembrano ignorarsi. Non possiamo intuire il sesso del più giovane dei personaggi, ma se fosse una bambina potremmo leggere l’opera come una metafora delle tre età della donna, ed in questo caso le tre figure si ridurrebbero ad una sola, ritratta nei diversi momenti della sua esistenza. Abbiamo già parlato dell’acqua come evidente elemento di purificazione. Ma anche di fertilità, aggiungo.
Quindi la giovane donna, l’unica in condizione fertile, siede sul letto di quello che sembra essere un fiume e, sguardo fisso davanti a sé, rimane immobile. Al di là di questa chiave di lettura più squisitamente iconologica, l’opera si riallaccia a tutta una serie di composizioni che, soprattutto nel Sette ed Ottocento, erano di gran moda tra i collezionisti di tutta Europa. Ed essere ritratti in un momento di riposo, come fece Johann Heinrich Wilhelm Tischbein nel celeberrimo Goethe nella campagna romana (1787), era una conditio sine qua non per l’aristocrazia europea, che non disdegnava neppure di posare in improbabili vesti di pastori e pastorelle.
Maria Cristina Ricciardi – Dal catalogo , Sacralità dell’acqua, sacralità di vita, Museo Archeologico Nazionale , La Civitella, Chieti, 2009
Alfredo Di Bacco è un eccellente rappresentante di quel genere pittorico chiamato Pittura Colta, teorizzato all’inizio degli anni Ottanta da Itali Mussa, che guarda alla Storia della pittura come una fonte inesauribile di suggestioni e di richiami, e che considera l’esperienza esecutiva come un valore non meno importante rispetto all’intenzionalità del pensiero.
Nei suoi dipinti si realizza il sorprendente viaggio di una coscienza moderna che nel ricorso al mito, alla memoria, all’autoreferenza della pittura storica, soprattutto quella neoclassica e barocca, costruisce il vascello su cui traghettare la propria umanità , la propria sensibilità artistica ferita dalla forzatura di un sistema che spinge sempre più avanti, anche a costo di generare linguaggi artificiosi. Ecco allora il ruolo che la forma ed il colore tornano ad assumere, i significati che ad essi si accompagnano, i presupposti di certe atmosfere che solo la pittura sa rendere senza tempo, laddove si rispecchia l’immagine immobile di chi sa attendere e non confonde la modernità con l’azzeramento della prospettiva culturale.
Francesco Giulio Farachi – Dal catalogo Ti Riciclo in Arte, Capranica (VT) 2008
Il simbolismo di Alfredo Di Bacco crea un flusso pittorico e narrativo, un corso entro cui si fondono da una parte la tenuta della composizione, la forza soffusa del colore, l’attenuato contrasto di luce ed ombra; e dall’altra lo slancio fabulistico e la visione allegorica, la narrazione ed il suo significato, l’ordine del mondo con il farsi dei momenti e dei concetti.
Il mondo è un affare complicato, come un oggetto da maneggiare con cura, da comprenderne i pericoli.
Francesco Revel – Dalla presentazione della mostra personale, Il Miracolo della Poesia, Forte Spagnolo, L’Aquila, 1997
… I lavori di Di Bacco appartengono a genesi fantastiche, ricordi di Arcadia fra paesaggi rinascimentali o primo secenteschi, anzitempo la animosa rivolta del Magnasco. Spira in essi un che di statuario, singolarmente ritratto in vesti di sogno, sicchè non sapresti dire se le sue muse, i molti amori, le possenti allegorie, siano d’aria o di marmo…..Giunge al teatro, perennemente in prima ribalta, della psiche. Vorrebbe ricostruire paesaggi dell’anima.
E qui si insinua – non è tratto di minor fascino- quel tempo che Esiodo pose a fondazione di ogni altro: i semi del caos, le forme mute, in fieri infinito. E in pittura esse divengono domanda senza risposta. Come pure, sollecitano per forti scotimenti ammutolisci innanzi ai cantori dell’Odeon che hai ora di fronte, recuperando fra immagini di sogno e memorie classiche il fascino ininterrotto di tutte le questioni sospese, a un ciglio dal baratro o appena sulla soglia, già destinate eppure immutabili. Di Bacco resuscita il sogno di una classicità proibita, ricerca il Senso e recupera l’Enigma della poesia.
Cecilia Trombadori – Da Quadri&Sculture, Rivista d’Arte, Febbraio-Marzo 1996
L’avventura pittorica di Alfredo Di Bacco, principia negli anni Settanta, avvicinandosi ad una pittura di tipo neo-realista, ispirandosi ai motivi di Rauschenberg e Rotella, nella sua critica alla società, una polemica aspra che arriva sino alla rottura. E infatti, è proprio di rottura che si parla, analizzando l’opera di Alfredo Di Bacco: rottura con il mondo esterno, rottura con la vita, con l’essere sociale.
La contestazione, l’inutile ma quotidiano battersi per una causa persa, non lo interessano più: stanco ed esasperato smette di guardare il mondo ed incomincia ad immaginarlo, assumendo una posizione di distacco, che lo porta a filtrare il reale attraverso il sentire. Abbandona così gli acrilici, i colori forti, ed i contrasti, per la pittura a olio, con la quale, per la sua pastosità, può ammantare le immagini di quel silenzio ovattato e di quelle sfumature che caratterizzano la sua opera più recente, creando un’atmosfera fra il mistico e l’onirico.
Augusta Monferini – Dalla rubrica Mostre, L’Espresso, Roma 20 maggio 1984
L’Unicorno da Pio Monti, dal 15 maggio alla fine di giugno. Intorno a questo favoloso soggetto gareggiano giovani esordienti e giovani maestri: Abate, Di Bacco, Fallini, Frongia , Galliani, Giorgetti-Toraldo, Lisanti, Renda e Tanganelli.
Mariano Apa – Dal catalogo della mostra Unicorno, Gall. Monti, Roma, 1984
Alfredo Di Bacco immette in un paesaggio neometafisico, pieno di silenzio, la visione dorata di un Unicorno equivalente del Cristo/Castità. Portato in aerata processione da amorini immersi nella luce della visione. La pittura si fa riposo, deposito di pennellate come tenerezze, come purezza, come castità: come equivalenza dell’unicorno simbolo.